Secondo una ricerca condotta da Vice (https://www.vice.com/it/article/xwpvpn/guida-di-vice-alla-salute-mentale) in Italia ci sono 3,7 milioni di persone affette da disturbi ansioso-depressivi, cioè il 7% della popolazione totale. E se l’OCSE denuncia la forte ansia provata dai giovani in età scolare, secondo un recente sondaggio i giovani italiani sarebbero i più insoddisfatti nel loro percorso universitario.
Cos’è che crea questo malessere nei giovani? Contribuiscono certamente le pressanti richieste di ottimi risultati nell’ambito scolastico e famigliare, ma per comprendere a fondo la questione è necessario uno sguardo più ampio.
Perché, si sa, viviamo in un mondo che accelera sempre di più e in cui il modello competitivo caratterizza ormai quasi ogni ambito, dai banchi di scuola al mondo del lavoro fino alle relazioni più intime e amicali. Una competizione che entra anche nel mondo dei social, in cui ci mettiamo in vetrina per per dimostrare di essere felici e migliori degli altri.
Si pensi che i ragazzini utilizzano i social fin dall’età di 10 anni, spesso grazie all’account dei propri genitori e imparano ad interagire e relazionarsi con i suoi strumenti (emoticon, like, messaggi), non riuscendo a gestire la frustrazione e la rabbia quando non vengono capiti.
Si vivono così inconsapevolmente tutta una serie di meccanismi che producono relazioni sempre più inautentiche, in cui le persone fanno sempre più fatica ad ascoltarsi e a sentire la propria voce interiore, non dando più valore al silenzio, all’inattività e alla solitudine.
Di fronte a questo la pedagogia si rileva di grande utilità, aiutandoci a costruire una migliore capacità di interazione con gli altri e con se stessi, educando fin da subito i ragazzi a una diversa gestione delle emozioni.
Quello che oggi è necessario – rompendo con la radicata idea che gli specialisti siano necessari solo di fronte a situazioni problematiche e di sofferenza – è sviluppare laboratori professionali di auto-espressione dall’età scolare e percorsi di educazione alla genitorialità per aiutare il proprio figlio a vivere bene la propria vita ed a crescere positivamente: perché spesso sono i genitori stessi ad essere bloccati in logiche che appartengono alla famiglia di origine o a visioni personali.