Disagio giovanile e riscoperta del benessere 

attraverso lo yoga educativo è possibile

 

Il 5 ottobre è stato pubblicato il Rapporto dell’Unicef intitolato: “”La Condizione dell’infanzia nel mondo – Nella mia mente: promuovere, tutelare e sostenere la salute mentale dei bambini e dei giovani“. Le prime stime che ne emergono sono a dir poco allarmanti.  

A parlare sono numeri inquietanti: più di un adolescente su 7 ( in prevalenza maschio), tra i 10 e i 19 anni, secondo i dati presenta un disturbo mentale diagnosticato (89 milioni, contro i 77 milioni di ragazze). Questo porta quasi 46mila adolescenti ogni anno a togliersi la vita. 

Proprio il suicidio è una fra le prime cinque cause di morte nei giovanissimi tra 15 e 19 anni, ma in Europa occidentale diventa la seconda, con 4 casi su 100mila, dopo gli incidenti stradali. La pandemia ha fatto registrare un raddoppio  dei tentati suicidi tra gli adolescenti.

 

Potremo andare avanti a leggere numeri e dati, ma già questi primi a cui ho accennato fanno rabbrividire e inducono ad una riflessione urgente.

La pandemia si è inserita in un quadro generale che era già delicato e che ha contribuito ad impattare ulteriormente sul benessere psico – fisico dei giovani.

Sempre da un sondaggio internazionale condotto dall’Unicef e dall’Istituto Gallup in 21 paesi è emerso che in media 1 giovane su 5 ( tra i 15 e 24 anni) ha ammesso di sentirsi spesso depresso e di non provare stimoli ed interesse verso le attività.

 

I  lockdown hanno tolto ai giovani l’istruzione, nel più ampio senso del termine e non limitato al concetto di mera lezione frontale, hanno tolto la socializzazione, hanno spezzato le loro routin. Al contempo hanno caricato i giovani di ansia, preoccupazione circa il reddito familiare, ansia per la salute, rabbia e paura circa il loro futuro.

 

L’adolescenza è un momento di crescita delicato che si sviluppa con una rapidità maggiore di tutte le altre fasi di sviluppo umano: s’intrecciano oltre a cambiamenti biologici visibili di tipo fisico anche e sopratutto cambiamenti a livello ormonale e neuronale. 

E’ un’età complessa: il giovane adolescente ha la necessità di trovare la sua identità al di fuori del contesto familiare, ha bisogno di misurarsi con se stesso e con il nuovo che sta intorno a lui.

I giovani  negli ultimi anni si trovavano già a dover affrontare la globalizzazione, con tutto ciò che questa comporta, compreso l’uso spesso improprio e non “educato” dei media digitali; a tutto questo negli ultimi due anni si è aggiunta la Pandemia che ha prodotto isolamento, paura, ansia, dispersione scolastica.  La situazione emergenziale ha fatto esplodere nuclei familiari, portando a galla problemi irrisolti, evidenziando l’incomunicabilità e l’incapacità della famiglia a stare insieme.

Molti giovani hanno vissuto mesi lunghissimi di precarietà e di smarrimento che li ha completamente destabilizzati.


Come capire il disagio dei giovani?

I segnali possono essere svariati, alcuni molto evidenti altri meno eclatanti, ma non vanno in alcun modo sottovalutati. Quello che deve destare sospetto nell’adulto è il cambiamento di atteggiamento del ragazzo.  L’adolescente in particolare può manifestare il suo malessere non accettando più  il proprio corpo, manifestando un rapporto squilibrato con il cibo, ponendosi all’improvviso in conflitto con i genitori. Potrebbe isolarsi dai suoi coetanei quando prima era socievole, cominciare a rendere meno scolasticamente quando in precedenza studiava con buoni risultati, manifestare rabbia o atteggiamenti aggressivi verso gli altri  ma anche verso se stesso.

 

E’ emerso chiaramente che i malesseri dei giovani scaturiscono da un  senso profondo di solitudine vissuto in questi mesi. Sono mancate le relazioni “vere” in presenza: il relazionarsi con i coetanei solo attraverso i cellulari ha interrotto quello di cui hanno vitale necessità gli adolescenti, ossia il confronto diretto e reale. Dietro uno schermo si può apparire diversi da quello che realmente siamo; si tratta di un filtro, uno schermo appunto che modifica la realtà. Solo nel gruppo, stando gli uni a contatto con gli altri un giovane si misura con le emozioni, capisce come relazionarsi, comprende se risulta simpatico o antipatico. La presenza permette una comunicazione non solo verbale ma anche mimica ed espressiva importantissima, che i media annullano di fatto rendendo zoppa la comunicazione.

Questa solitudine indica che anche nel contesto famigliare spesso non c’è stata la capacità o possibilità d’instaurare un dialogo e una comunicazione empatica. 

 

E proprio su questo aspetto è necessario e doveroso intervenire, come professionisti.

Come docenti il nostro focus dev’essere certo la trasmissione di contenuti e nozioni, ma in primis dev’esserci il benessere dell’individuo, uno stato di “salute” non solo fisica, ma psichica e mentale. 

 

Giovenale ammoniva “Mens sana in corpore sano” ed è da questo assunto che dovremmo partire per comprendere in qualità di educatori che il corpo e la mente non sono disgiunti ma sono integrati e funzionano bene se in armonia. 

Lo Yoga può rappresentare un percorso pedagogico alternativo per aiutare il giovane nel suo sviluppo di crescita individuale. Introdurre nei PTOF triennali lo Yoga aiuterebbe i giovani ad imparare a relazionarsi con gli altri grazie all’empatia e alla consapevolezza, che matura e affiora mano a mano che si pratica la disciplina. E’ un percorso di crescita che conduce al rispetto di se stessi e degli altri. 

 

Grazie allo yoga educativo in maniera trasversale alle altre  discipline viene favorita la  crescita  del giovane anche da un punto di vista educativo.

Sono ormai riconosciuti gli effetti benefici della disciplina, capace di:

 

  •  stimolare e rinvigorire  i processi di apprendimento quali la concentrazione e la  memoria
  •  rafforza le energie della crescita
  •  favorisce il rispetto verso sé stessi e gli altri aiuta a prevenire situazioni di disagio o episodi di bullismo
  •  favorisce lo sviluppo di una personalità equilibrata
  • favorisce il valore della propria personalità che non deve omologarsi intellettualmente

 

Sono maturi i tempi per vedere la scuola non solo come luogo di apprendimento nozionistico, bensì luogo atto  anche ad insegnare ai giovani come prendersi cura di se stessi e delle proprie emozioni.

Insegnare ad “ascoltarsi” può essere una strada concreta per aiutare i giovani ad avere strumenti reali per gestire la rabbia, la tensione, i conflitti che possono vivere nel loro cammino verso il mondo adulto.

 

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